Ad un anno di distanza dal mio ultimo post , eccoci qua ad analizzare le tendenze HR 2020.
La pandemia ha totalmente stravolto alcune delle priorità menzionate l’anno scorso, mentre altre sono state perfino accentuate.
Il ruolo del CHRO ha assunto particolare importanza durante la pandemia, arrivando a superare in certe circostanze addirittura quello del CEO .
Come scrive anche in un recente articolo Harward Business Review l’emergenza COVID ha portato alla ribalta HR considerato il dipartimento al quale i dipendenti si affidano per affrontare il “nuovo normale“.
In un altro articolo sempre su HBR si fa il punto su quali saranno i 21 nuovi ruoli HR del futuro (qua sotto la tabella) , anche qua vediamo come la pandemia abbia cambiato le priorità introducendo come imminente l’arrivo del “Strategic HR Business Continuity Director” e del “WFH Facilitator” , etc etc .. E contemporaneamente ha accentuato ulteriormente la componente tecnologica della professione, come avevamo già iniziato a discutere l’anno scorso.
Quindi la tecnologia continua a rimanere una priorità’ ; il lavoro remoto irrompe come positiva necessità largamente condivisa, seppur con qualche eccezione come il recente intervento del CEO di Netflix nel quale dichiara che lavorare da casa non porta nessuno effetto positivo.
Se quindi la pandemia ci sta facendo abbastanza scoprire che si puo’ lavorare da ovunque , si fa in fretta a capire che il proprio lavoro può’ essere anche svolto da dipendenti in tutto il globo .
Ci vorranno anni per capire la portata di questo cambiamento culturale, che per certi versi va ben oltre a quello ipotizzato nel 2005 da Thomas Friedman nel suo celebre libro “The World is Flat” . E’ possibile che il 2020 stia gettando le basi per nuove ondate di “Globalizzazione“, dopo un generale rallentamento sia ideologico che nei fatti osservato ex-post annus hurribilis.
Se nel lungo periodo e’ arduo tirare delle conclusioni , nel breve periodo sono molti i concetti sui quali le aziende stanno riflettendo. Per esempio: diverse aziende stanno scoprendo di avere impiegate molte piu persone di quelle effettivamente necessarie per mandare avanti decorosamente l’attività. Molti ruoli basati in sito , ma per via del distanziamento sociale non abbastanza critici da essere elevati a “lavoratori essenziali” , ci si accorge che non erano mai stati cosi’ essenziali per il successo del proprio business. Grazie alla forzata implementazione di processi piu’ snelli o la semplice deprecazione di attività inutili, le aziende stanno scoprendo ruoli che si erano sedimentati nel tempo senza mai aver avuto un grande significato. Molte organizzazioni stanno realizzando di essere rimaste intrappolate in labirinti burocratici perdendo l’attenzione sulle cose veramente prioritarie sulle quali ora è necessario focalizzarsi.
Su questo importante filone si torna a discutere con ancor più enfasi di “talent density” ovvero la percentuale di “high performers” presenti nell’organizzazione. Abbiamo la giusta percentuale di forti talenti per traghettare l’organizzazione nel futuro ? abbiamo persone capaci di rimanere auto-motivate senza una costante supervisione lavorando da casa ? Il fabbisogno di questo genere di talenti spingerà le politiche di remunerazione – anche del vecchio continente – maggiormente verso una filosofia “pay per performance” , discriminando le paghe in maniera ancor piu’ netta tra i diversi talenti.