È tempo di “Quarterly Review”, il solito periodo dell’anno dove i presidenti delle varie divisioni ricevono gli aggregati e proiezioni sugli andamenti e di conseguenza piovono domande sul perché dei vari trend.

Che tu cresca o meno, il turnover è spesso uno degli argomenti principe quindi, per portarmi un po’ avanti, stamattina volevo ritagliare qualche momento per capire come mai le varie iniziative impiegate nei miei stabilimenti non sembravano restituire il risultato sperato.

Quando all’improvviso mi è tornata in mente una chiacchierata con un mio esimio collega di Milano avuta la settimana scorsa. Lui mi raccontava come era difficile educare il business a discutere del turnover in modo sensato nel loro stabilimento ucraino, dove tutti sono focalizzati a cercare di bloccare le cause interne, senza rendersi conto del veloce mercato del lavoro in cui si trovano.

Quindi, incuriosito dalla riflessione con il collega, mi sono scaricato un paio di statistiche, e noto che:

Gli Stati Uniti a febbraio 2019 segnano un tasso disoccupazione del 3.8%, che migliora dello 0.2% dal mese di gennaio. Comparato a un trend italiano che e’ totalmente inverso, il tasso  sale dal 10.5% di gennaio al 10.7% di febbraio.

Basta questo per spiegare come una strategia di retention improntata sullo sviluppo di determinate competenze genera un “nice to have” nel dipendente italiano, e un “e chissene” nel dipendente americano che, trovandosi in un regime di quasi piena occupazione, può tranquillamente svilupparsi mettendosi in gioco in un nuovo ruolo presso anche un stretto competitor. 

L’altro dato interessante che ho notato oggi è invece come il costo del lavoro abbia iniziato a spiccare. Dopo un lungo periodo fermo, nell’ultimo anno gli stipendi hanno iniziato di nuovo a crescere di oltre 1 mezzo percentuale.

#eurostat #turnover #mercato #disoccupazione

Permettetemi un personale pensiero: se quindi anche in Italia gli stipendi tornano a crescere, mi domando se invece di introdurre il reddito di cittadinanza avessimo forse potuto lavorare maggiormente sulla riduzione del cuneo fiscale, forse la combinazione dei due fattori avrebbe oggi innescato un effetto volano nel quale le aziende guadagnando competitività avrebbero forse potuto iniziare ad assumere e di fatto rendere il reddito di cittadinanza meno prioritario.

Ma, tornando a noi, è tremendo come si continua solo a osservare il micro cosmo culturale interno, magari con grandi “engagement survey”, inventando dozzine di iniziative talent globali… e poi ci si sorprende come mai rimangono inefficaci.

Bisogna tener in maggior considerazione il tessuto sociale della realta’ specifica prima di far divergere le best practice tra uno stabilimento e l’altro. Fare “best practice sharing” nel tentativo di uniformare aumentando efficientando, potrebbe essere controproducente se non si considera attentamente la dimensione esterna . 

Dobbiamo ridurre la tentazione di risolvere i problemi facendo cascare tonnellate di programmi globali costumizzati per situazioni lontane. Potenziare invece la realtà locale abilitandola con strutture aperte sulle quali costruire specifiche locali che – come le statistiche sopra citate ci insegnano – sono differenti in base alla geografia.

Fonti:

https://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/9697394/3-01042019-BP-EN.pdf/899edf8c-529b-422a-ac1a-ce0fede29fa3

https://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/9720156/3-11042019-BP-EN/3240675b-5513-41a4-8b28-3f5e24c55b70

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